A PENNABILLI PER “FUORI MOSTRA”, DOVE ESPONE, DARIO BALLANTINI PARLA DELLE SUE SCELTE ARTISTICHE E DEI SUOI PROGETTI

In occasione della sua visita a Pennabilli per l’inaugurazione di “Fuori Mostra, mercato antiquario nelle botteghe del centro storico”, dove espone alcuni suoi quadri, Dario Ballantini, alla vigilia della sua mostra antologica a Livorno, ci ha rivelato gli aspetti della doppia personalità di artista e le prossime tappe della sua duplice carriera.

L’artista livornese, sempre più conosciuto e apprezzato in Italia e all’estero, espone alcune opere presso lo spazio de “Il mercante d’arte” di Andrea Mazzoldi nell’ambito di Fuori Mostra, l’evento altrettanto suggestivo e coinvolgente quanto estemporaneo, che ha sostituito la cinquantesima edizione della Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Città di Pennabilli, differita al 2021.

Dario Ballantini

Nato a Livorno nel 1964, ancora giovanissimo affronta con successo le arti pittorica e teatrale segnalandosi in quest’ultima per le sue eccezionali capacità di trasformista. In ambito pittorico è un artista gestuale, per certi versi angosciato dalle slabbrature del tempo e dalla multiforme personalità dell’uomo. Affascinato dall’espressionismo, nell’ambito del quale non rinuncia però a note figurative, ricorda Willem De Kooning, ma arricchisce con colature, schizzi e colpi di pennello. Ossessionato dalla vacuità di un mondo caratterizzato da infinite varianti, ritrae sempre lo stesso volto anonimo che assume i contorni ideali di una maschera, quella dell’uomo, nel suo infinito polimorfismo.

Come convivono in Dario Ballantini le due anime artistiche: dell’attore e del pittore?

Io mi sono trovato sempre a mio agio in ambedue le vesti perché hanno origine dalla mia infanzia: mio padre era pittore, mio nonno attore. Ambedue i mondi rientrano nella sfera dell’arte.

Lei afferma che ciò che più caratterizza la sua arte nel campo della recitazione come in quello della pittura è la ricerca dell’uomo.

L’approfondimento del profilo umano è il mio tema di ricerca preferito. Studiare l’essere umano, leggere, conoscere le persone: un abisso da indagare continuamente.

Con il mio trasformismo, la capacità di prendere le sembianze e di mettermi nei panni di altre persone per ore e ore dimostro la poliedricità dell’essere umano, la stessa che mi spinge a creare quadri che sono sempre una variante su un tema a cui, evidentemente, sono votato.

Come si definisce da un punto di vista tecnico? Ha dei riferimenti? Quali sono i suoi maestri?

Per forza di cose devo essere definito espressionista o, se si vuole, neo espressionista: la mia è una pittura che non rappresenta ciò che vedo, ma ciò che sento. Tutto il Novecento mi riguarda, tutti i grandi espressionisti mi hanno affascinato, non ultimo il mio insegnante di liceo, bizzarro e potente allo stesso tempo, un espressionista dedito allo studio dell’essere umano, un autodidatta a cui affidarono la cattedra di pittura, si chiamava Giancarlo Cocchia.

Una delle peculiarità che più colpisce nei suoi quadri è l’uso del colore.

Alcuni artisti si caratterizzano per i periodi in cui si suddivide la loro carriera artistica tanto che a volte non è facile riconoscere lo stesso autore dietro a opere di periodi diversi. Io vado a ondate, ho iniziato con le tinte della terra, poi sono diventato un colorista forse eccessivo e mi pento di certi periodi perché colpire con il colore è molto facile. In America, durante l’esecuzione del murale sulla parete di ingresso della Metropolitan International School di Miami ho notato come fosse il colore e non la composizione la cosa che più colpiva gli osservatori.

Mi piace molto il bianco e nero, con cui mi confronto spesso, ma l’ideale sarebbe la sintesi: la ricerca dei propri colori attraverso la sperimentazione, che consenta di uscire dai canoni consueti e dagli accostamenti più banali e scontati.

Quali sono i suoi programmi più prossimi?

Il 21 agosto si inaugurerà nella mia città, Livorno, la mia mostra antologica: il frutto di 35 anni di pittura considerando la prima mostra, di 40 se si comprendono gli anni del liceo. La città di Livorno ha una ricca tradizione di pittori, una tradizione bivalente, in parte di emuli di Giovanni Fattori, di macchiaioli, in parte di altri, pochi, che come me hanno seguito le tracce di Amedeo Modigliani.

E in campo artistico teatrale?

Tra i miei spettacoli teatrali tengo molto a quello legato a Petrolini: un viaggio alla scoperta del più grande anticipatore della moderna comicità italiana. Ettore Petrolini non è stato ancora adeguatamente riconosciuto come precursore. Era un autodidatta e con un suo personaggio al tempo molto noto, Fortunello, ha anticipato il rap. Lo sottolineo nel mio spettacolo assieme a una caratteristica che si trova anche nella mia pittura: il macabro. Petrolini legava la vis claunesca all’horror, un tema che è riemerso di recente anche nel film vincitore dell’Oscar, “Joker”. Petrolini, pur essendo un grande comico, è anche macabro e vorrei continuare a divulgare questi due aspetti inediti di un personaggio i cui meriti attendono ancora di essere riconosciuti.

INFO

  • Durata: 11 – 26 luglio 2020
  • Sede: Pennabilli RN
  • Inaugurazione: 10 luglio, ore 17.30
  • Orario: da lunedì a sabato dalle 15.30 alle 21.00; domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 21.00
  • Espositori: 15
  • Ingresso: gratuito
  • Sito internet: www.fuorimostrapennabilli.it
  • Come arrivare: Pennabilli è facilmente raggiungibile da Rimini e da Sansepolcro AR percorrendo la SS 258 Marecchiese
  • Organizzazione: Associazione Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Città di Pennabilli – Salita Valentini 1 – 47864 Pennabilli RN – tel 0541 928578 – www.pennabilliantiquariato.netinfo@pennabilliantiquariato.net
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