ARTICOLI D’ANTIQUARIATO
Il 19 maggio, nella residenza sabauda di Palazzo Chiablese a Torino, lo Stato Italiano è ufficialmente rientrato in possesso del dipinto di Tiziano Vecellio “Ritratto di gentiluomo con berretto nero”, ma l’attribuzione è stata vivacemente contestata da alcuni autorevoli critici d’arte, tra cui Vittorio Sgarbi e Andrea Donati.
“Ritratto di gentiluomo con berretto nero”
L’opera d’arte è stata consegnata dal Comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, Generale di Brigata Roberto Riccardi, alla Soprintendente per la Città Metropolitana di Torino, Architetto Luisa Papotti.
Il ritratto di tre quarti di un uomo dalla barba rossiccia che indossa un berretto nero, recuperato nel 2020 dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Torino, verrà studiato ed esposto al pubblico all’interno di Palazzo Chiablese, sede della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino.
Il ritratto, esportato illegalmente in Svizzera venti anni fa, è stato confiscato, anche se il reato è ormai prescritto. Le indagini hanno coinvolto due cittadini svizzeri: il primo per ricettazione, il secondo per violazione del codice sulla tutela dei beni artistici e il provvedimento è stato attuato come misura di carattere amministrativo. Uno dei due cittadini elvetici ha dichiarato di aver acquistato il dipinto dal connazionale, che lo aveva prelevato a Como e lo aveva trasferito in Svizzera illegalmente nel 2004.
Nel maggio 2020, svolgendo alcuni accertamenti, i carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale rinvennero il “Ritratto di gentiluomo con berretto nero” nella sede di un corriere, che da Torino era in procinto di rispedirlo in Svizzera, dopo aver ispezionato un laboratorio di restauro a cui era stato consegnato mesi prima per un esame ai raggi infrarossi.
Una perizia svolta dal professor Augusto Gentili nel 1998 ha valutato il quadro 6 miliardi di lire circa, ma l’attribuzione a Tiziano è stata ferocemente messa in dubbio da Vittorio Sgarbi e dal professore Andrea Donati, uno dei più autorevoli studiosi di Tiziano.
Gli espositori che partecipano a Pennabilli Antiquariato sono sempre stati selezionati in base al livello qualitativo delle opere proposte, alla linearità e alla serietà professionali, di cui la mostra ha fatto una propria bandiera, creando una élite di galleristi che si è consolidata negli anni. Questa politica ha favorito la creazione di una significativa affezione per la mostra e di un rapporto personale continuativo e fiduciario con gli antiquari da parte dei frequentatori più assidui di Pennabilli Antiquariato.
Tiziano Vecellio
Tiziano (Pieve di Cadore 1488-90 – Venezia 1576) intraprese la carriera artistica come apprendista presso il mosaicista S. Zuccato, poi frequentò la bottega di Gentile Bellini e di Giovanni Bellini, che improntarono le sue prime opere assieme a Giorgione, Dürer, Raffaello e Michelangelo. Ma presto Tiziano rivelò l’unicità della propria personalità artistica attraverso l’impostazione monumentale delle figure e i vividi cromatismi, che emergono negli affreschi della Scuola del Santo a Padova (1511), prima opera documentata. Nel 1513 rifiutò l’invito a Roma di P. Bembo e dipinse una Battaglia per il Palazzo Ducale commissionatagli dalla Serenissima.
Nel corso del suo iter artistico affrontò molte tematiche: l’allegoria (Le tre età, 1512-13, Edimburgo, National Gallery of Scotland), la metafora (L’amor sacro e profano, 1514-15, Roma, Galleria Borghese), il tema religioso (L’Assunta, 1516-18 di S. Maria dei Frari) e il polittico Averoldi, 1522, Brescia, SS. Nazaro e Celso). La fama di quegli anni gli aprì le porte delle corti italiane ed europee. Per Alfonso d’Este dipinse quadri a tema mitologico: Offerta a Venere (1518-19, Prado) e Bacco e Arianna (1522-23, Londra, National Gallery); numerosi ritratti di straordinaria immersione psicologica e contraccolpo emozionale (Carlo V col cane, 1532-33, Prado; Isabella d’Este, 1536, Vienna, Kunsthistorisches Museum; Eleonora Gonzaga, 1537, Uffizi). Nel 1545-46 viaggiò a Roma, che gli ispirò una nuova indagine stilistica: dalla classicità formale a composizioni in cui i chiaroscuri e il dinamismo delle figure si sposano con l’energia del colore. A partire dalla fine degli Anni Quaranta del VI secolo crebbero i lavori per la committenza di Carlo V e di Filippo II di Spagna (Carlo V a cavallo, 1548, Prado; La deposizione, 1559, Prado; Venere e Adone, 1554, Prado; Diana e Atteone, 1556-59, Edimburgo, National Gallery of Scotland; Morte di Atteone, 1570-76, Londra, National Gallery).
Nelle ultime opere il linguaggio di Tiziano trascura la forma, diviene tocco di colore, lampo di luce con una completa libertà interpretativa ed espressiva (L’incoronazione di spine, 1570, Monaco, Alte Pinakothek; La Pietà, Venezia, Gallerie dell’Accademia).
Alfredo Spanò
Ufficio Stampa Associazione Culturale Pennabilli Antiquariato